Capita spesso in bottega che le parole tè, tisana e infuso vengano usate come sinonimo. Non è un grave errore. Solitamente dopo poche semplici domande è semplice identificare quello che il cliente cerca, ed esplorare tutte le varianti possibili.
La differenza principale è data dagli ingredienti.
Commercialmente, una tisana è una combinazione di piante, di cui possono venir utilizzate sia le parti tenere, come foglie e petali, sia le parti legnose, come radici, steli e semi, consumata per infusione della miscela. Questa accezione è quella più utilizzata, e si basa sul contenuto, sulla composizione degli ingredienti. E’ l’accezione commerciale, legata al settore alimentare.
E’ necessario però fare un chiarimento: esiste un’accezione della tisana propria della scienza erboristica.
In erboristeria, una tisana è una miscela benefica costituita di al massimo sei piante officinali, delle quali una pianta principale, denominata “remedium cardinale”, fornisce il principio attivo benefico, mentre le altre vengono abbinate per facilitare l’assorbimento della componente principale aumentandone l’effetto positivo. Non bisogna dimenticare che oggi la professione di erborista si può esercitare solo dopo aver portato a termine un percorso di laurea che solitamente è incluso nelle facoltà di farmacia, tecniche erboristiche o chimica e tecnologie farmaceutiche. Solo l’erborista può consigliare una tisana per le sue virtù terapeutiche, mentre in una bottega di tè come Giusmìn la scelta di una tisana si basa sulle sue qualità organolettiche, ovvero quelle che possiamo valutare con i nostri sensi.
Che differenze ci sono con infusi e tè?
Senza dilungarci troppo, negli infusi gli ingredienti provengono tutti da una stessa pianta, e possono comprendere sia foglie che fiori o frutti della stessa.
Il tè, composto unicamente da foglie di camelia sinensis, è quindi tecnicamente un infuso. Lo sono anche camomilla, rooibos, ibisco, il soba cha (a base unicamente di grano saraceno) e il mate.